Galapaghost + giovani artisti vari: Una serata salvata in corner

Quando entri al blah blah per la prima volta con l’intenzione di starci per un po’, e non solo per un caffè di corsa, riesci a notare delle piccole cose che erano sempre passate inosservate.

Ti accorgi del fatto che è davvero un bel locale, arredato bene, accogliente ed originale. In un secondo momento ti accorgi anche della media degli avventori lì per l’aperitivo, una schiera di ragazzi, la maggior parte con la reflex digitale al collo –cari, vecchi Cani-, tutti belli ed attenti ad apparire trasandati. Entrato nella sala principale ti rendi conto che il concerto per cui sei venuto, in cui hai scoperto poi che dovrebbe anche suonare Ru Catania, ex chitarrista degli Africa Unite, arriverà solo dopo uno di quegli happening che uniscono arti figurative, teatro, reading e musica. Una performance, insomma. Entri e vedi degli alberi di legno, con attaccate delle candele e appoggiati dei giornali di arte contemporanea. Mi sono sentito un po’ come dj Iaio di Brucia la città, il libro di Giuseppe Culicchia che parla delle varie notti giovani e artistiche di Torino. Sale qualcuno, inizia a leggere un racconto su Charlie don’t surf di Cattelan –ce l’hanno proprio con l’arte, questi giovani-. Forse non mi dice granchè, ma tutto sommato è coerente con tutto l’ambiente. Boh, dai, inizia il concerto? No. Ci sono ancora vari ragazzi che salgono sul palco a leggere, tra le altre cose, improvvisazioni poetiche su musica jazz –magari sarebbe anche stato interessante se ci fosse stata la musica jazz, invece ci siamo beccati solo le voci-, racconti vari scritti e pubblicati da qualcuno non presente alla serata –i nati nel ’69 fanno i camerieri al centro e scrivono racconti, ne hanno pubblicati due-, componimenti –non poesie, mi raccomando, componimenti-, canzoni anticipate da dichiarazioni poco confortanti tipo “l’arte sta su differenti frequenze, la musica è amore” che ancora mi arrovello a capire cosa volesse dire, monologhi ribellissimi pieni di cazzoculomerdaminchiavaffanculo… ah, questi giovani, sì che sono scomodi.
La sensazione era per la maggior parte quella di giovani artisti, con le giacche di velluto, le clark che devono sempre stare attenti a sembrare distaccati dalle loro opere, insomma, una leggera evoluzione delle ragazze con il tribale in fondo alla schiena e la frangetta che fanno le artiste ma per sopravvivere fanno le cameriere –di nuovo Brucia la città, a ‘sto giro le citazioni sono queste-.
Dopo un’introduzione come questa io avevo davvero paura –non sto scherzando, ma ad un certo momento ero davvero frustrato fin quasi alle lacrime- di un concerto senza arte né parte o peggio che mi desse fastidio. Invece sale un ragazzo, di quelli che ne hai visti a centinaia nei corridoi del tuo liceo, con la faccia simpatica ma con cui non hai mai parlato, ti limiti a salutarti quando ti incontri per caso. Inizia a suonare assieme agli altri due musicisti –uno è Ru Catania, l’altro, non me ne vogliano i miei 25 lettori, non ho ben capito chi sia-, si passa da 3 chitarre, a chitarre e basso, oppure ukulele e, direttamente dalle feste di compleanno delle elementari, uno xilofono –a chi di noi non hanno mai regalato uno xilofono alle elementari?-. Quello che ne esce è un concerto che apprezzi molto con un bicchiere di vino, con qualcuno da abbracciare di fianco. Lui è simpatico, con un’improbabile zeppola che lo fa sembrare dell’Eur più che texano. Tra una canzone e l’altra si prende il tempo di dire qualcosa tipo “beh, questa è un’altra canzone depressa, spero non ve ne andiate per questo”. Come nella maggior parte dei concerti che mi soddisfano mi colpisce il fatto che sembra davvero divertirsi, sbagliando gli attacchi e ricominciando sempre con il sorriso. Anche i pezzi con l’ukulele, un po’ onnipresente negli ultimi anni nei dischi indie acustici –Eddie Vedder ne ha addirittura fatto un album intero- riescono ad essere carini, con i suoni degli altri strumenti e la sua voce leggera, ma non sospirata come i Kings of Convenience.
Alla fine del concerto tira fuori una fotocamera digitale –no, stavolta non una reflex- e scatta una foto al pubblico, ringraziando di essere stato lì a sentire quelle canzoni un po’ tristi. Ma sempre con un sorriso compiaciuto.

2 commenti:

  1. 1) se hai conosciuto UN ROMANO con la zeppola non vuol dire che sia un carattere distintivo dei romani di ultima generazione! :)
    2) Io capisco che non è facile capire chi è che ha ragione, chi ha torto, tutti hanno delle responsabilità ma certo Manzoni no! MANZONI NOOOO!
    3) ti ho già presentato silvia??? è molto colta..ti piacerà!
    4) all'inizio avevo paura fossi diventato politicamente corretto tutto a un tratto, bè, lieta di essermi sbagliata! bella! :P
    5) uèèèè uèèèèè chi è la squinzia che abbracciavi???? (non me ne voglia la squinzia! che magari è tua sorella, e allora son mazzi! quella mena!)

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  2. Anche l'Internazionale di oggi parla di Galapaghost!!

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