DICIAMOCELO

Diciamocelo chiaramente...vivere in camper non significa automaticamente adottare un modello di esistenza migliore. Questo avviene solo se si fanno alcune scelte attente a questo scopo. Tuttavia, ci sono alcuni elementi intrinsechi che ti fanno capire l'impatto della vita quotidiana sull'ambiente circostante e soluzioni a portata di mano molto vantaggiose economicamente. 
Chiariamo una seconda cosa...chi scrive ha un'esperienza pari a zero su come si gestisca la propria vita all'interno di una scatoletta di vetroresina. Più in generale su come si gestisca la propria vita, ma questo è un altro discorso. Da tre mesi (con alcuni giorni di “pausa”) abito in un camper Fiat Ducato 1900 aspirato Abijan del 1989. Il suo nome è Articioc ed il suo cognome Spatziren. Lo faccio per scelta e non manco mai di sottolinearlo per creare un alone di mistero attorno alla mia esistenza. La cosa sorprendente è scoprire che molta più gente di quanto si immagini faccia la stessa cosa.Confessiamo la terza cosa...se non avessi avuto una vita piena di vantaggi e comodità non mi sarei mai sognato di andare a vivere in una “casa con le rotelle” (cit. Lo Zoo di 105- Zlatan lo Zingaro)
Esplicitiamo l'ultima cosa...non bisogna mai prendersi troppo sul serio, si finisce per perdersi nel troppo e rimanere solo serio.Messi i puntini sulle i, non resta che scrivere un manifesto romantico e idealista che giustifichi la mia presenza (sporadica e saltuaria) su questo blog.


Questa è stata una scelta inevitabile.
Dettata dall'urgenza di vita che costringe i sognatori. (semicitazione da un volantino ben più tragico).Inizia dai racconti sui figli del vento e non si arresta di fronte alle difficoltà di non farsi fregare da loro. Parte dal profondo, dalla claustrofobia di cui soffrono i progetti chiusi in quattro mura e non si arrende all'umidità che bussa alla porta.E' cresciuta nutrendosi delle interviste ai travellers della Sound Conspiracy e non si scoraggia scoprendo di cosa è fatto anche quel mondo.Ha mosso i suoi passi sulle foto dei nomadi mongoli nella steppa e non si è fatta spaventare dalle periferie di Ulaan Batar. Ha trovato uno strano conforto nella malinconia di strade grigie e non si è lasciata intristire dalla loro stessa tristezza.
Questa è stata una scelta inevitabile.
Non ha perso la battaglia contro la bombola del gas finita, ricordandosi del sogno di vivere con il necessario. Non ha smesso di infiltrare le mie sinapsi quando il buon senso ha occupato gran parte del posto libero, sapendo che è importante sentirsi realizzati. Non si è disillusa di fronte ad un “Ma perchè?”, attaccandosi ai “Come?”. Non è rimasta intrappolata tra la necessità profonda di avere delle radici è un istinto sempre più insistente ad andare lontano, ha cercato l'armonia tra le due cose.
Questa è stata una scelta inevitabile.
Banale, inutile, di poco conto e forse effimera, ma... una scelta di felicità.

p.s.: “Ho sempre sognato di essere Brad Pitt quando interpretava il nomade in The Snatch, non potendo essere come il primo son riuscito a diventare il secondo...una scelta di felicità”

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